Paolo Monti e Modena / 1973-2023

una città nelle fotografie di Paolo Monti, cinquant'anni dopo

Grizzana Morandi, Paolo Monti, 1969
Grizzana Morandi, 1969 - fotografie di Paolo Monti

Paolo Monti in Emilia-Romagna

Paolo Monti arriva in Emilia-Romagna alla fine degli anni ‘60, chiamato da Andrea Emiliani, all’epoca funzionario della Soprintendenza alle Gallerie di Bologna, per una prima campagna di rilevamento fotografico del territorio, in particolare delle aree appenniniche. Emiliani racconta di avere conosciuto Paolo Monti lavorando presso Garzanti all’epoca della redazione della ‘Storia della Letteratura Italiana’ affidata a Natalino Sapegno e Emilio Cecchi, per la quale Garzanti chiama Paolo Monti a realizzare le immagini a corredo della prima edizione. Emiliani avrebbe poi ricordato che Livio Garzanti giustificava l’affidamento dell'incarico a Monti sulla base di tre motivazioni principali: perché, a suo dire, era il migliore, perché “è quello che costa di meno” e perché insegnava fotografia a suo figlio.

Casalfiumanese (BO), Paolo Monti, 1971
Casalfiumanese, 1971

Le prime campagne fotografiche

La figura di Emiliani è centrale per il lavoro di Monti in Emilia-Romagna: come soprintendente commissiona infatti al fotografo ossolano le prime quattro campagne di rilevamento dei beni culturali sul territorio, con la collaborazione dell’assessore alla cultura della Provincia di Bologna Carlo Maria Badini che contribuisce a finanziare il progetto. La prima indagine di Monti è dedicata al territorio di Porretta Terme, poi sarà la volta, tra il 1969 e il 1970, dei due versanti della valle del Reno. Una quarta campagna sarà eseguita nel 1971 nella valle del Santerno.

Goro, Paolo Monti, 1974
Goro, 1974

IBC, Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali

Le campagne di Monti contribuiscono a dare forma ad un nuovo modello di conoscenza del patrimonio inserito nel paesaggio che porta a ripensare in qualche modo il concetto tradizionale di bene culturale, inteso ormai come parte di un sistema complesso che integra il valore artistico, culturale e di paesaggio, portando all’istituzione in Emilia-Romagna nel 1974 del nuovo Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali (IBC) del quale Emiliani è il primo presidente. La collaborazione di Monti con l’IBC porta negli anni seguenti a nuove campagne fotografiche sul territorio della valle del Po e su altre porzioni del territorio.

Il ruolo dell'IBC come promotore di campagne pubbliche di rilevamento fotografico non si limiterà alla collaborazione con Paolo Monti: nel corso di oltre trent'anni di attività l'istituto promuoverà importanti commissioni fotografiche, affidate a fotografi come Corrado Fanti e Gabriele Basilico, fino alla sua chiusura avvenuta nel gennaio 2021, quando le sue funzioni confluiscono nel nuovo "Servizio patrimonio culturale" della regione Emilia-Romagna.

San Dalmazio (MO), Paolo Monti, 1972
San Dalmazio, 1972

Le altre campagne

Il valore delle prime campagne fotografiche di Monti nella costruzione della conoscenza del patrimonio e di una nuova consapevolezza delle necessità di valorizzazione e tutela è riconosciuto da altre amministrazioni pubbliche in Emilia-Romagna, e nel 1971 riceve un incarico dalla Provincia di Forlì per il rilevamento fotografico dei beni culturali della montagna, seguito nel 1972 da un incarico analogo da parte della Provincia di Modena.

Rocca Malatina (MO), Paolo Monti, 1972
Rocca Malatina, 1972

I centri storici

I primi anni ‘70 sono anche gli anni nei quali in Emilia-Romagna in particolare si apre un intenso dibattito a livello culturale e politico sul ruolo dei centri storici e sulle forme possibili di tutela e sviluppo. La fotografia dei Monti si rivela nell’ambito di questo dibattito uno strumento di grande importanza.

La mattina dell’8 agosto 1970, In collaborazione con l’architetto Pier Luigi Cervellati e di nuovo con Andrea Emiliani, Paolo Monti dà inizio a una straordinaria e inedita opera di rilievo fotografico del centro storico bolognese, battuto a tappeto e con un rigore documentaristico quasi scientifico.[1]

Bologna, Paolo Monti, 1970
Bologna, 1970

Le immagini raccolte, oltre 5.000, costituiranno il nucleo centrale di un’importante esposizione a Palazzo d’Accursio, intitolata “Bologna Centro Storico”, attraverso la quale l’equipe di tecnici e studiosi coinvolti presentò alla cittadinanza la variante del piano regolatore per la tutela del centro storico, con la quale si sancivano la necessità e i principi non solo culturali, ma anche sociali ed economici di una conservazione delle forme storiche e urbane, considerando la conformazione urbanistica storica di Bologna e l’architettura del centro come un determinante fattore della qualità di vita della sua popolazione e della struttura dei valori di partecipazione e vita collettiva storicamente consolidati nelle città emiliane.

Pieve di Cento, Paolo Monti, 1970
Pieve di Cento, 1970

Dopo quella bolognese, saranno molte altre le amministrazioni comunali della regione ad incaricare Paolo Monti di condurre analoghe campagne di rilievo fotografico dei centri storici, contribuendo agli studi propedeutici all’introduzione delle prime misure di tutela come già avvenuto a Bologna, e costituendo spesso un importante strumento di presa di coscienza dell’importanza dei centri storici delle città emiliano-romagnole anche da parte della popolazione che le abita.

San Giovanni in Persiceto, Paolo Monti, 1972
San Giovanni in Persiceto, 1972

Nel corso di dieci anni sono 18 le campagne che Paolo Monti conduce sui centri storici in Emilia-Romagna, documentando città delle dimensioni di Parma, o Reggio-Emilia, ma anche centri minori quali ad esempio Pieve di Cento e San Giovanni in Persiceto.

Nell'agosto del 1973 Paolo Monti rivolge l'obiettivo 35mm decentrabile della sua Nikkormat FTn sul centro storico della città di Modena. →→

L'avventura del fotografo

di Paolo Monti

Il rilevamento del centro storico di Bologna resterȧ certamente una esperienza unica della mia professione di fotografo; solo una città cosi sensibile ai problemi urbanistici, e quindi umani, poteva darmi questa grȧnde occasione, venuta dopo anni di esperienze varie, ma sia pure in diverso modo, quasi tutte convergenti a questo ultimo fine; la fotografia di architettura e di ambiente. Quando se ne parIȯ la prima volta, continuava a sembrarmi un progetto quasi impossibile. E anche dopo il saggio di rilevamento, eseguito fra marzo e aprile dello scorso anno su via Santo Stefano, via Fondazza, via Solferino e il minore ambiente adiacente, e persino dopo la mostra campione a palazzo d'Accursio, questa possibilità di lavoro non prendeva dentro di me il peso delle cose concrete, da farsi. Poi venne la mattina delI'8 agosto quando finalmente si passȯ al programma preciso di fotografare tutta via Galliera e qualche strada attigua in sei ore filate - dalle otto alle quattordici - ora di riapertura del traffico. Devo dire che la prima ora non fu senza un certo sgomento, lentamente combattuto da quella specie di furore visivo ċhe prende il fotografo quando gli si spalancano davanti le più innumerevoli possibilitȧ di ripresa, quasi tutte ugualmente valide. A questa, che chiamerei rapacità dell'occhio, deve opporsi un ordine razionale, tanto più necessario nella fotografia d'architettura dove è sempre necessario un intendimento critico inteso a "far vedere" quello che un largo pubblico si limita normalmente e nel migliore dei casi a "guardare". Comunque, dopo un paio d'ore, occhio e apparecchio cominciarono a funzionare al ritmo voluto, veloce ma senza affanno, con l'entusiasmo consapevole di quello che bisognava fare; direi perȯ che via Galliera non fu documentata al livello delle altre strade perché, malgrado tutto, un certo sforzo e qualche incertezza si vedono, Il risultato migliore l'ebbe, direi di diritto, via Castiglione: percorsa passo a passo con tutte le sue curve e i suoi dislivelli, cortili, muri e colonne, gradini e selciati, e quei salti d'ombra e di luce che, a una stereometria così complessa e a cosi varie prospettive, aggiungono il fascino magico di certe antiche scenografie. Ma se la fotografia d'architettura di così largo respiro era giȧ un lavoro appassionante, quella di particolari ambienti riportati al silenzio e alla naturalitȧ dei loro spazi, quando I'automobǐle non esisteva, fu esperienza ancora più eccezionale. Così come la sorprendente rapiditȧ con la quale gli uomini, e più di tutti i bambini e i ragazzi di quegli spazi si impossessavano godendo subito nei modi più vari e giocosi. Un lavoro eccezionale che difficilmente potrà ripetersi, per quanto quasi tutte le cittȧ italiane abbiano un tale debito verso i loro centri storici, che sarebbe da attendersi che questa impresa fosse soltanto la prima di una lunga serie. E proprio su questo argomento mi sia concesso di introdurre qui alcune considerazioni tecniche sulle possibilitȧ attuali in questo campo. Sarebbe stato impossibile a Bologna per ragioni di spesa e di tempo eseguire tutte le fotografie o anche solo la metà di esse (oltre quattromila), con le normali macchine per architettura e nel mio caso la Linhof 10x12, apparecchio che fra l'altro pretende sempre la ripresa su treppiede. Si rese così indispensabile ricorrere ad apparecchi di piccolo formato e nel caso ai Nikon F con molte ottiche. Forse mai un lavoro così ampio e importante di foto di architettura è stato eseguito in piccolo formato, ma i risultati provano la possibilitȧ di questi nuovi tipi di apparecchi e soprattutto delle nuove ottiche. In particolare dell'obiettivo grandangolare 35 p.c. 3,5, che permette la correzione della prospettiva verticale e orizzontale entro ampi limiti, e che si è dimostrato strumento idoneo a sostituire largamente i grandi apparecchi per foto di architettura, assicurando la giusta verticalitȧ degli edifici: una mostra con qualche centinaio di foto di case o monumenti aberrati sarebbe stata insopportabile. È quindi possibile fare ora rilevamenti fotografici molto ampi e complessi con rapiditȧ e mantenendo i costi entro lîmiti accettabili. Il valore di queste imprese è evidente, a mio modo di vedere: il nostro patrimonio artistico e culturale, prima di tutto, va censito e inventariato, al più presto e nel modo più completo, come ha fatto Bologna.

Appunti per il censimento

A. scopo.
Rilevamento fotografico del centro storico di Bologna il più completo possibile e nelle migliori condizioni ambientali, quindi in assenza di automobili in sosta o in transito e col minimo di segnaletica stradale visibile in primo piano. Necessitȧ di asportare questa segnaletica fissa o mobile ovunque possibile.

B. Esigenze particolari del rilevamento.
1. Ripresa di intere strade con foto dei due lati e di tutte le case, palazzi e monumenti, cortili, giardini, ecc., perché tutta la cittȧ stȯrica sia documentata in modo completo e facilmente identificabile. Tutto questo in assenza di auto, o di altri elementi di disturbo.
2. Documentazione di particolari architettonici, compresi selciati e pavimentazioni, materiali usati e loro stato di conservazione, arredo urbano, particolari ambienti e soluzioni urbanistiche anche minori o minime, ecc. Rilevamento da farsi dopo la ripresa del traffico urbano, che a sua volta deve essere documentato in opposizione alle foto di cui al punto 1.
3. Degrado dell'ambiente del centro storico per posteggi, affissioni, insegne, negozi, pavimentazioni non Originali al solo uso di agevolare il traffico, ecc.
4. Documentazione di interni, scale, androni, porticati, ecc,

C. Norme di lavoro e principi informativi.
1. Rapiditȧ e completezza delle riprese per giustificare pienamente le spese del rilevamento e il dispendio e il disagio provocati dal blocco deI traffico, che per evidenti ragioni doveva essere ridotto al minimo. Quindi massimo numero di riprese nel minor tempo possibile.
2. Organicitȧ del lavoro di rilevamento in modo da rendere visibile il percorso umano della cittȧ e il suo possibile godimento pedonale. A questo scopo fare moltissime riprese da sotto i portici o attraverso i portici, elemento essenziale del sistema viario bolognese a tutti i livelli, dalle grandi strade radiali ai vicoli laterali più modesti.
3. Molteplicitȧ dei punti di vista e delle inquadrature, vicine e lontane ed effetti prospettici vari, come appunto accade osservando mentre si cammina, con tutto il tempo disponibile al vagare dell'occhio dal generale (lunga prospettiva della strada} al particolare (visione netta del capitello con sfocamento totale del fondo}. L’insieme delle fotografie deve insomma rendere visibile un ideale e lunghissimo vagabondaggio su vari itinerari urbani, con fermate nei cortili e su per le scale, passeggiate nei giardini, ecc.
4. Rispetto assoluto della norma della verticalitȧ degli edifici, come esigenza essenziale della fotografia di architettura, purtroppo frequentemente dimenticata anche in pregevoli libri di storia dell'arte.

D. Mezzi impiegati per il lavoro fotografico.
1. Apparecchio Linhof 10x12 con 5 obiettivi: grandangolo 90 mm, normali 135 e 150 mm, tele 210 e 270 mm decentrabili e basculabili per le foto dei palazzi e monumenti più importanti, interni e scale, nonché per le vedute generali di strade e piazze, ecc,
2. Apparecchi Nikon F con le seguenti ottiche Nikkor: grandangolo 35 p.c. mm, MicroNikkor 50 mm, e due tele 105 e 200 mm. L’obiettǐvo fondamentale è il grandangolo 35 p.c. che permette di fotografare rapidamente l'architettura, a mano libera, con controllo della verticalitȧ degli edificǐ. Si puȯ affermare senza esagerazioni che solo la disponibilitȧ di questo obiettivo permette di realizzare nei tempi voluti il rilevamento progettato. Di grande interesse per particolari prospettive, ad esempio dei porticati, sono il 105 e il 200 mm; il primo in particolare usatissimo per i dettagIi di architetture a media altezza o distanza.
3. Materiale negativo: Kodak Tri-X e Plus-X 10x12 in film-packs per la Linhof. Per il 35 mm Nikon: Ilford Fp4, Kodak Tri-X e Agfa Isopan Iss. La pellicola Tri-X serve soprattutto per compensare i grandi contrasti di luce in interni e scale e in esterno le riprese con sottoportici e strada illuminata. Per tutte le altre normali riprese, la fp4.


in Bologna Centro Storico, catalogo della mostra, Bologna, Palazzo d'Accursio, 1970, Edizioni Alfa, Bologna 1970; ripubblicato con piccole correzioni in Franco Bonilauri, Nino Squarza (a cura di), Paolo Monti. Trent'anni di fotografia 1948-1978, catalogo della mostra, Reggio Emilia, Sala Comunale delle Esposizioni, 20 ottobre-15 novembre 1979, Punto e Virgola, Modena 1979